Vi è mai successo di fare una cosa, dirla o ripeterla tante volte ma non pensare veramente alle parole che state dicendo. Tipo quando state cantando una canzone ma non prestate attenzione alle parole. Ovvero, di attenzione ce ne prestate per non sbagliare, ma non analizzate il testo mentre la state cantando perché siete concentrati nel ripeterla correttamente.
Ecco, una cosa simile mi è successa l’altro giorno scrivendo un messaggio.
Si parlava di instagram e di come sia diventato malato, dei bot, dei profili che si vendono, delle cose sponsorizzate e delle foto di merda (e chi ne ha più ne metta).
Ecco, parlando di questo mi è uscita la frase “la cosa è una sola, se vuoi crescere subito, devi pagare”. (io non lo faccio, per quello ho “pochi” seguaci). Rileggendo queste parole ho pensato ad una cosa:”ma dove ho già sentito che per crescere in fretta bisogna pagare?”.
I giochi per i telefonini.
Quando andavo alle superiori, c’erano i primi smartphone, le prime connessioni dati ed i primi giochini. All’inizio scaricavi il gioco, salivi i primi livelli e ti gasavi un sacco. Ma poi arrivava un messaggio: “se vuoi continuare, devi pagare”. io ero giovane e senza soldi, per cui ci giocavo ancora qualche giorno e poi eliminavo il gioco, ma altri ricordo che passavano davvero tanto tempo a guadagnare punti per “crescere” in nero oppure usando delle crack oppure pagando per superare i livelli.
Ecco. Traslate tutto questo su instagram. È la stessa cosa.
Vuoi essere visibile? o ti danno “i punti” gli altri (shoutout) oppure li devi comprare (sponsorizzate). Oppure entri nel black world dell’instagram: gruppi per scambi di likes, commenti, follow, applicazioni automatiche che fanno le stesse cose e ti risparmiano tempo.
Siamo nell’era del tutto e subito.
Se non hai un seguito non sei nessuno.
Se paghi per “essere qualcuno”, sei meno di nulla.
Un principio che ho sempre tenuto vivo nella mia vita è stato “si fa con quello che si ha” (me lo hanno insegnato i miei genitori). La prima reflex che ho usato, me la sono comprata con i miei soldi, così come tutte le lenti e macchine che ho comprato dopo. Non ho mai ricevuto regali a livello fotografico. Le uniche cose che mi hanno “regalato” sono le opportunità che mi hanno dato tante persone e che continuano a darmele. Persone che credono in quello che faccio e che si fidano di me. Questo secondo me vuo dire diventare qualcuno. Ci vuole tempo, passione e dedizione. La mia giornata si divide in poche parti: sveglia, lavoro, fotografia/viaggi, morosa (ogni tanto, ma mi capisce) e poi dormire. E poi quando ho un po’ di tempo scrivo qua. Mi ci dedico in tutto e per tutto. Se volessi potrei prendere e comprarmi tutti i seguaci di questo mondo. Ma sinceramente, a me, che cazzo me ne può fregare di sapere che un profilo generato a cazzo da un pakistano (o chissà da dove), mi sta seguendo?
Poi vorrei dedicare qualche riga ad un fenomeno che si sta ripresentando su instagram:
Cioè, davvero. Ci cascate ancora?
Questo è il famoso specchietto per allodole. Ve lo rispiego.
Qualche “genio” (per non chiamarlo cog***ne) crea una pagina a caso. Scrive cose a caso promettendo di diventare ambassadors per un marchio prestigioso. Migliaia di persone ci cascano. Pubblicano foto prese da Google e le pubblicano per far vedere che fanno cose. Poi una volta raggiunto il quantitativo di persone necessarie, svuotano il profilo dalle foto, cambiano nome e lo vendono a qualcuno che vuole giocare sporco con un proflilo da 10.000 followers o più. Ecco, questo è il sistema. Bello vero?
Adesso che ve l’ho spiegato le cose sono 2. O lo fate anche voi (e siete un po’ degli idioti) oppure quando vedrete profili del genere li segnalate.
A voi la scelta più etica per il vostro modo di essere.