Credi in quello che fai

PREMESSA

Quando leggo le recensioni o post dei miei amici a volte non mi sento all’altezza di quello che devo fare anche io. Scrivono tutti un sacco bene e raccontano le cose alla perfezione. Io non ho questo dono. Sono impulsivo, emotivo, magari anche convulso. Ma alla fine questa è la mia maniera. Ognuno ha la sua. Io ci provo però. Perché magari in tutto questo casino anche io ho la mia da dire.

Hai mai pensato di stampare una foto?

A dire il vero si, l’ho pensato, e tempo fa l’ho pure fatto. Dicono che se non stampi le foto non te le godi a pieno. Beh, hanno ragione. La fotografia su uno schermo te la puoi portare dove vuoi ma allo stesso tempo da nessuna parte, perché fisicamente non esiste. La fotografia digitale è facile, è comoda, è alterabile, è divertente, ma a volte mi chiedo quale sia il limite tra una foto e un’immagine. Per questo, nell’ultimo periodo ho rispolverato alcune vecchie cose, tra cui una polaroid 600 e una Nikon f-601 a rullino.

Questi discorsi spesso e volentieri vengono sorretti dalla preparatissima Sabina ( che potete vedere all’opera nella sua pagina Facebook Baci dalla provincia), la quale mi aiuta, mi consiglia e sa trovare i giusti consigli per non abbattermi troppo.

Come quella sera che mi ha parlato della Saaldigital e dei suoi Fotoquadri.

Ultimamente mi sto mettendo un sacco in gioco nelle varie cose che incrocio o che vedo in giro. Per cui carico di stima ho compilato il form e inviato all’azienda. Nell’arco di una giornata hanno acconsentito a darmi un buono per stampare una mia foto.

La cosa bella è che la foto da stampare te la prepari tu con il loro software (semplicissimo per me che nemmeno so usare Lightroom e nemmeno ce l’ho installato sul Mac… giuro).
Una volta selezionato il materiale su cui stampare, la dimensione e il tipo di supporto, fai click e nel giro di qualche giorno dalla Germania ti arriva il tuo bel pacco a casa.

Fin dall’inizio mi ha incuriosito la stampa sull’Allumino Dibond, quindi ho provato questo materiale che devo dire conferisce una nitidezza fantastica alla fotografia.

La bellezza di questo materiale è che è molto resistente e stabile.

La foto che ho selezionato per la stampa mi piaceva soprattutto per i colori, che in fase di stampa sono rimasti tali. Una cosa che mi piace di questo fotoquadro è il tatto. Sembrerà stupido, ma toccandolo si percepiscono le diverse sfumature di colore, di materiale fotografato. L’acqua sembra così leggera, i massi grezzi e gli alberi fanno da contorno, come è giusto che sia.

La bellezza della stampa è anche questo. Unire la vista al tatto (o altri sensi sia chiaro) per completare ancora di più la sensazione e le emozioni che il luogo è in grado di darti.

Ringrazio quindi ancora una volta SaalDigital per questo suo regalo e vi faccio vedere come l’ho contestualizzata alla mia maniera.

saaldigital

 

Goner.

Sono periodi strani questi. Sarà per le tante cose che mi stanno capitando, per i miliardi di pensieri che bombardano la mia testa o per l’imminente festa del vino a Bertiolo.

Sta di fatto che è da un po’ che scrivo un sacco di cose serie, importanti, difficili. Ci vuole un post con un alto carico di disagio, di quelli come piacciono a me.

Non so il perchè ma quando vado in giro a scattare foto nel week end, il rientro è sempre disagiante. Dalla chiavetta escono fuori canzoni degli anni 60-70, poi quelle tamarre, poi quelle tristissime, e quindi c’è un bombardamento di emozioni e sensazioni che mandano in pappetta il mio cervello lasciando libero sfogo al disagio. Questa stessa situazione avviene quando mi lascio andare del tutto, davanti ad una tastiera o davanti a delle persone fidate. Capita poche volte, ma capita sempre con le stesse persone, per cui poi divento magari un pochino pesante. Ma poco eh.

Comunque ho scoperto una cosa. Ci sono delle parole all’inizio di una frase che mi stanno dando un sacco fastidio. Sono parole che usavo molto anche io, ma ora sto cercando di smettere. Tipo quando una persona vi dice “sai, a volte bisogna ..”, “dicono che devi…”, “bisognerebbe che si facesse…”, “si sono fatte tante cose..” oppure “eh, capita a tutti di fare..” mi sale il nervoso. Perché è una cosa generalizzata, non sta parlando direttamente a te. E quindi mi viene nervoso a sapere che le persone di debbano avvalersi di casi di altre persone invece di parlare con te di quello che riguarda voi due.

Ok. La spiegazione è stata parecchio incasinata e faccio quasi finta di non averla detta.

In realtà ho scritto un po’ perché era da tempo che non vi mostravo delle foto.
In più avrei il piacere di farvi ascoltare un’album che mi ha colpito e mi sta gasando un sacco. Ha già un annetto, ma a me piace adesso.

Si intitola Blurryface. Magari lo conoscerete già, ma i Twenty One Pilots sono un sacco bravi. Ci sono delle canzoni nell’album che le ascolto in continuazione da giorni.

E come promesso… via le parole ed eccovi qualche scatto delle ultime settimane.

 

Vi ricordo che potete trovare altre foto sulla mia pagina Facebook (Photos dal luche) e Instagram (luche_dal_nord)

Mandi,

Luche.

Il secondo vabbè, il terzo vien da se.

Viaggio fuori porta.
Tutto tranne che solito.

Diciamo che ho abitudini diverse. Non sono abituato a svegliarmi alle 6 e mezza per andare a prendere un treno in stazione. E poi io odio i treni.

Non è che li odio. Mi fanno paura ecco.

Ho sempre paura di essere sul treno sbagliato o che non fermi alla mia fermata. E finché non sono sceso ho un’ansia pazzesca. Sta di fatto che il treno per Trieste era perfettamente in orario. Ed era pure bello e comodo.

Una volta giunto a destinazione ho fatto la cosa che mi riesce meglio: fare la cimice (preferisco dirlo in friulano. Noi la chiamiamo “Budiese”).
Nel senso che mi sono divertito a girovagare senza meta tra le migliaia di strade di Trieste. Ovviamente nelle grandi città quello che cerco non è il caos, bensì le zone più nascoste e più caratteristiche. Stessa cosa feci a Venezia poco tempo fa (come potete vedere nelle foto sotto).


Normalmente i miei “viaggi” in regione sono diversi.

Parto in macchina da casa mia, spesso da solo (ovviamente l’ora dipende da cosa voglio vedere), raggiungo o vengo raggiunto da un mio accompagnatore, percorro centinaia di chilometri di strada (adoro guidare, soprattutto in montagna) e, dopo essermi fermato almeno 10 volte lungo la strada, arrivo a destinazione con le mie 2/3 ore di ritardo.

L’ultimo che ho fatto così aveva come destinazione Sauris di sopra. Mi ci sono volute 5 ore in tutto per arrivarci. Il paesaggio che ci circondava era qualcosa di unico ed inimitabile in qualsiasi altro posto e quindi meritava fermarsi e godersi il momento (ovviamente le foto sono sempre qua sotto).
Sta di fatto che qualsiasi sia il posto dove devo andare, le sensazioni che si provano sono sempre diverse ed uniche allo stesso tempo, nonostante non sia la prima volta che frequento il posto.


Ho solo una cosa da dire per concludere questa mia pappardella:

Viaggiate più che potete. Non saranno mai soldi buttati.

p.s. preparatevi che ho un bel viaggetto da raccontarvi nel prossimo articolo.